Rude

Vino bianco macerato frizzante
Non filtrato – Col fondo

11% vol – 750 ml

Duro e aspro di carattere, forte e risoluto nel comportamento. Le uve bianche vengono vinificate come rosse con diversi giorni di macerazione e rimontaggi, ritrovando un colore arcaico tendente all’arancione. Rifermentazione in bottiglia senza aggiunte di anidride solforosa e sedimentazione dei lieviti sul fondo.

Ritrovi la frutta matura e gli spigoli del tannino, le bollicine frizzanti e un gusto deciso e non banale.

Temperatura di servizio: 8° – 10° C

I Non Filtrati di Riccardo Zanotto

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Perché Si Chiamano Vini Macerati?

I vini macerati devono il loro nome a un’antica pratica: le bucce dell’uva restano a contatto col mosto dopo la pigiatura, a volte per giorni, a volte per settimane. Nei bianchi, questo dona colori intensi — dal dorato all’arancione — e sapori complessi: miele, spezie, frutta matura. Diversi dai bianchi classici, prendono vita dalla buccia, come i rossi, e il Friuli, con vitigni come Ribolla Gialla, ne è un esempio celebre.

Ma la macerazione può spingersi all’estremo, come con “Rude” di Zanotto: uve bianche — Glera, Bianchetta Trevigiana, Verdiso, Perera, Boschera — restano sulle bucce per trenta giorni, trattate come rosse, senza filtraggi né solforosa. Dopo una fermentazione spontanea e un passaggio in legno, rifermenta in bottiglia con i suoi lieviti e un tocco di mosto da uve appassite, dando un vino audace, un oro aranciato, ruvido e tannico, esclusivo per chi ama i macerati più selvaggi.

È un ritorno a un vino istintivo, un inno schietto alla terra.

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Radici e Bollicine: I Bianchi Autoctoni del Veneto

Il Veneto, terra di vini bianchi freschi e aromatici, custodisce un patrimonio di vitigni autoctoni che merita di essere scoperto, andando oltre la celebre Glera. Dalle colline del Veneto orientale alle pianure e ai rilievi occidentali, queste varietà raccontano storie di tradizione, adattamento al territorio e sapori unici. Esploriamole, intrecciando caratteristiche, diffusione e prospettive di conservazione.

Il cuore del Veneto orientale
Glera: È la star indiscussa del Prosecco, con radici che affondano nel Trevigiano tra il XVII e il XVIII secolo. Fresca e versatile, regala vini dai profumi delicati: fiori bianchi come glicine e acacia, frutta a polpa bianca (mela, pera) e sfumature agrumate. Il successo planetario del Prosecco ne ha fatto un simbolo globale, con una diffusione che non teme rivali né rischi di estinzione. La sua forza sta nella capacità di conquistare i mercati e nella produttività che soddisfa una domanda in continua crescita.
Bianchetta Trevigiana: Compagna storica della Glera nella provincia di Treviso, un tempo era la base di vini bianchi secchi e leggeri. Si distingue per una vivace acidità e aromi eleganti: fiori di campo, erbe aromatiche e un tocco agrumato. Oggi la sua presenza si è ridotta, relegata a piccole produzioni locali. Sebbene non sia a rischio imminente, la sua diffusione limitata riflette una minore adattabilità commerciale rispetto alla Glera, ma il suo valore tradizionale la tiene viva.
Verdiso: Autentico gioiello delle colline tra Conegliano e Valdobbiadene, documentato dal XVIII secolo, deve il nome al colore verdognolo degli acini. Offre vini dall’acidità spiccata, con note di mela verde, agrumi, erbe fresche e una sottile mineralità. La sua diffusione, un tempo più ampia, si è ristretta, ma un rinnovato interesse – specie per gli spumanti “ancestrali” – ne sta rilanciando il prestigio. Grazie all’impegno di produttori appassionati, la sua sopravvivenza è assicurata, segno di come la tradizione possa rinnovarsi.
Perera: Meno conosciuta, ma radicata nel territorio del Piave, porta con sé profumi di frutta matura (soprattutto pera), fiori gialli e una lieve aromaticità. Spesso usata in uvaggio, la sua diffusione rimane circoscritta a nicchie produttive. Qui emerge un rischio concreto: senza un sostegno deciso, questa varietà potrebbe subire un’erosione genetica, schiacciata dalla competizione con vitigni più richiesti. La sua unicità, però, rappresenta un invito a non dimenticarla.

Un’escursione nel Veneto occidentale
Garganega: Regina del Soave e del Gambellara, domina il Veneto occidentale, nella zona di Verona, con origini che si perdono nella storia. I suoi vini sprigionano note di mandorla amara, fiori bianchi, agrumi e una mineralità vulcanica che ne esalta il carattere. La sua diffusione è solida, sostenuta da un prestigio nazionale e internazionale che la rende un pilastro della viticoltura veneta. L’adattabilità al terroir e la qualità costante la proteggono da qualsiasi rischio, facendone un esempio di successo legato a tradizione e mercato.
Vespaiola: Eccellenza di Breganze, nel Vicentino, è la musa del Torcolato, un pregiato vino passito, ma brilla anche nei bianchi secchi con vivaci note agrumate e una piacevole acidità. La sua diffusione è più contenuta rispetto alla Garganega, ma il forte legame con il territorio e la riconoscibilità delle sue denominazioni la mantengono salda. Non è a rischio, grazie a una nicchia di estimatori e a produttori che ne valorizzano il potenziale.

Un patrimonio da custodire
La parabola di questi vitigni dimostra come la loro diffusione dipenda da un intreccio di fattori: l’adattabilità al territorio, la produttività, la domanda del mercato e il peso della tradizione. La Glera trionfa grazie al Prosecco, mentre la Garganega si impone per qualità e prestigio. Varietà come la Perera, meno performanti o meno richieste, devono invece affidarsi alla passione di chi crede nella biodiversità. Salvaguardare questo mosaico ampelografico significa preservare non solo sapori, ma anche la storia e l’identità di un Veneto vocato alla vite.